Dopo una pietra nera come “In the nightside eclipse” arduo era il compito dei quattro imperatori: creare una nuova magia nera degna dell’illustre predecessore. Ma a quanto pare gli Emperor avevano ancora parecchio da dire/dare alla scena black metal in quel 1997.
“Anthems to the welkin at dusk” si apre con il giuramento (The Oath, prima traccia) fatto al signore delle tenebre che, ascoltata la loro invocazione, manda in dono la distruttiva Ye Entrancemperium (seconda traccia), forse uno dei brani black (e metal in genere) più devastanti mai concepiti, il riff serratissimo stordisce l’ascoltatore non lasciandogli fiato. Completa il tutto la batteria lanciata a velocità folle che ci introduce in quel regno oscuro dominato dai quattro imperatori, grazie anche allo zampino del redivivo (o redimorto?) Euronmous a cui dobbiamo l’intro del pezzo.
Dopo questo apice l’album continua comunque a propinarci chitarre gelide, bassi ossessivi e una batteria mai violenta come in questo lavoro. Magnifica The loss and curse of reverence dove le orchestrazioni del synth di Ihsahn si intrecciano senza linea di continuità con le stilettate della chitarra e gli scream sovrumani della sua voce, creando un muro sonoro invalicabile. Anticipa la bellissima outro The Wanderer, pezzo strumentale di notevole spessore emotivo, l’altrettanto solenne With strength I burn, di cui colpisce il testo “epico”(opera di Ihsahn e Samoth) e l’evoluzione altalenante, con parti prettamente black alternate a passaggi più orchestrati e melodici, una sorta di “summa” delle due anime del gruppo.
Questo equilibrio tra violenza black e melodia orchestrale, che risulta particolarmente evidente in questa traccia, pervade, ad ogni modo, l’intero album e risulta essere il punto di non ritorno del progetto Emperor. Il successivo “IX Equilibrium” perderà per sempre quel bilanciamento di forze, ponendo fine alla magia oscura del gruppo.
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