Confesso che il concerto di Diamanda è stato per me come un appuntamento al buio. Di lei conoscevo solo qualche informazione bibliografica (tipo quando si versò un secchio di sangue addosso durante un concerto ad Umbria Jazz) e qualche recensione dei suoi lavori sperimentali (il mitico Scaruffi che da un 8 e 9 a due suoi album).
Ma quello che mi ha spinto ad acquistare il biglietto è stata come al solito la mia insana passione per tutti quegli artisti, unici nel loro genere. Pazzi, temerari, sperimentatori. E da quanto letto su di lei, Diamanda è una parecchio fuori dagli schemi (cosa che dimostrerà ampiamente).
Tornando al concerto, mi stupisco subito del pubblico abbastanza trasversale che sta in sala, dal darkettone alla coppia adulta, dal trentenne lavoratore (vedi me) all’universitario. Mi accorgerò in seguito come qualcuno è venuto non capendo bene quello che l’avrebbe aspettato… ma proseguiamo con ordine. Inizia il concerto e subito Diamanda fa capire che non sarà un concerto “facile”, infatti il primo pezzo è contraddistinto da urla, grida e vocalizzi al limite dell’umano. Ok, detta cosi sembra una cosa “inascoltabile”. Diciamo che Diamanda dimostra tutto quello che riesce a fare con un’estensione di quattro ottave e non lesina con vocalizzi assortiti. Per me spettacolo puro, per quella fetta di pubblico da me affrettatamente definita “trasversale” no.
Per tutto il concerto a fine di ogni pezzo ci saranno infatti scrosci di applausi e contemporanea fuga di quella parte di pubblico di fascia “old” che probabilmente è stata tratta in inganno dalla presentazione dell’evento (esecuzione di pezzi classici della musica “d’autore” per voce e pianoforte) non rendendosi conto che si trattava di “reinterpretazioni” fuori dall’ordinario! Ma la Galas non è stata solo urla e strepiti, infatti c’è stata una alternanza tra sperimentalismo e reinterpretazioni più classiche (sopratutti i pezzi di autori francesi) che ha reso comunque gradevole il concerto. Menzione speciale alle luci, utilizzate come mai prima. A volte stroboscopiche, a volte cupe, mai monotone. Concludendo, un bellissimo concerto per chi ama sentire fino a che punto può arrivare la voce umana.