Elvis Presley non è morto e ne ho le prove, canta con la sua inconfondibile voce in alcuni pezzi del nuovo Dirty Beaches, “Badlands“. Certo, sembra messo male ma è ancora vivo!
Tornando alla realtà, questo è un disco di Alex Zhang Hungtai aka Dirty Beaches, un Taiwanese espatriato in Canada che ripropone un rockabilly triturato, malato ed evidentemente registrato nelle mura domestiche con pochissimi mezzi a disposizione.
L’album è salomonicamente diviso in due parti ben distinte e caratterizzate da sound differenti.
Nei primi 4 pezzi il nostro si traveste da Elvis e, dopo aver abusato di sostanze stuperfacenti, canta su basi che pescano dai canoni Rockabilly contaminate da suoni industrial, wave, ipnotiche e psicotiche.
Esemplare di questa prima metà dell’album, l’iniziare Speedway King
Nella seconda metà del disco si cambia completamente registro, il sound rimane sempre retrò ma qui le atmosfere si fanno romantiche, benché comunque dimesse e rassegnate. Ed è proprio in questa seconda metà del disco che Dirty Beaches mette da parte la sua voglia di stupire per esprimere al meglio il suo talento.
Lord Knows Best è un brano ipnotico, romantico e disperato allo stesso tempo. Un pezzo che non avrebbe sfigurato nella colonna sonora di Twin Peaks (o di un qualunque film di Lynch).
Per non parlare dell’ambientale e marziale pezzo di chiusura “Hotel“, o di “Black Nylon”, pezzo che sarebbe potuto uscire dal repertorio dei Portishead.
Le due anime dell’album, ognuna con la propria bellezza, concorrono a rendere questo lavoro speciale. Personalmente apprezzo di più la parte romantica e disperata, ma tutto il (seppur breve) lavoro è meritevole. Ora tocca affidarsi ad un buon produttore e aspettare di vedere quelle delle due strade delineate sarà quella che Alex seguirà. Noi, nel frattempo, continueremo a farci ammaliare da questo Badlands.
Badlands. Ovvero la storia di una fuga, la cronaca di una liberatoria evasione dalle sordide contraddizioni metropolitane, bassifondi maledetti da cui allontanarsi senza alcun rimpianto attraverso “centinaia di autostrade”, lunghe quanto la voglia di lasciarsi quel mondo alle spalle.
Neppure 30 minuti di musica (non sarebbe meglio parlare di ep?), ma tratti di classe. Servirà certamente, per darle più corpo, decidere quale prendere tra le due direzioni in cui questo “Badlands” si scinde.
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